Progetti per l’Anno:

CAM GAIA: “Tra reinserimento e nuove opportunità per minori detenuti ”

Tra i partner del progetto “Giovani, uno sguardo al passato ed uno al futuro”, con ente capofila la Provincia di Catanzaro, finanziato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri (dipartimento per le Politiche giovanili e servizio civile universale), nell’ambito dell’iniziativa “AzioneProvincEgiovani” promossa dall’Unione Province d’Italia (UPI) , c’è l’associazione CAM GAIA, che sta lavorando all’interno dell’IPM “S. Paternostro” di Catanzaro per garantire ai minori detenuti opportunità, informazioni e percorsi utili al reinserimento.

Per conoscere meglio questa realtà associativa abbiamo intervistato la sua presidente, Alessandra Mercantini che ci racconta del lavoro a favore di questi ragazzi a rischio esclusione sociale.

L’associazione CAM GAIA è coinvolta nel percorso progettuale “Giovani, uno sguardo al passato ed uno al futuro”. Quali sono le attività di cui si occupa nello specifico?

L’associazione è impegnata sin dal 2007, nella divulgazione, formazione e trattazione delle procedure di mediazione familiare, penale, scolastica e di quelle preordinate alla risoluzione dei conflitti, e, più in generale, di tutte le azioni comprese nelle attività di Alternative Dispute Resolution (ADR) e nella Restorative Justice (R.J.). Ci muove l’idea che fare giustizia riparativa consenta, alla giustizia di qualificarsi non soltanto come luogo del giudizio, ma anche e soprattutto come luogo di attenzione, come luogo di cura, come luogo di ascolto di tutte le parti coinvolte nella dinamica relazionale generata dall’evento reato, riaffermando la possibilità anche per la vittima del reato di sentirne la presenza e gli effetti. Il reato nella concezione della giustizia riparativa è un fatto relazionale e si basa sulla constatazione che le persone, normalmente, vivono di relazioni e che, a volte, queste sono interrotte dalla commissione del reato; la risposta forte, propositiva, rivoluzionaria della giustizia riparativa è quella di rimettere in circolazione questa energia relazionale non più tra autore e vittima di reato, tra detenuto e persona offesa, ma tra due persone, due entità che, hanno sentimenti, hanno voglia di mettersi in gioco e di provare anche per un attimo e solo se lo desiderano di mettersi al posto dell’altro, per trovare un punto di incontro, un aggancio relazionale che dia loro una maggiore soddisfazione.

Qual è l’importanza, per una realtà come la vostra, di far parte di un progetto di rete come questo?

Dare il nostro contributo alla rete a sostegno delle politiche di prevenzione della devianza giovanile, soprattutto dal punto di vista della risocializzazione e del reinserimento. Diffondere la cultura della non violenza della pace, dell’accettazione dell’altro in quanto essere umano al di là del suo errore; ed in particolare – per questo progetto – mettere in comunicazione mondi diversi fuori e dentro le mura di un carcere minorile. I volontari, il dialogo con l’esterno hanno il grande vantaggio di attivare quei processi interpersonali che limitano l’insorgenza degli effetti de socializzanti, criminogeni, di avvilimento e di scoraggiamento che inevitabilmente la condizione detentiva intesa come separazione dal “mondo esterno” provoca. Per i ragazzi “fuori”, inoltre, è importantissimo il confronto con coetanei che vivono una condizione estremamente difficile, che per i più svariati motivi sono privati di quella che è la vera essenza dell’adolescenza ovvero la spensieratezza, la leggerezza d’animo e l’entusiasmo che la giovinezza dovrebbe offrire ad ognuno di loro, tutte cose che le “persone libere” danno per scontato ma che in realtà spesso non lo sono.

Quali sono le esperienze pregresse che vi caratterizzano come realtà impegnata a favore dei giovani?

La maggior parte delle nostre attività sono a favore dei giovani nelle scuole nelle carceri. L’associazione nel corso degli anni ha sviluppato modalità di intervento realizzate mediante un format mirante alla ricostruzione della personalità da parte di chi ha commesso o subito gli effetti di comportamenti reati. Tra i progetti realizzati si collocano azioni di diffusione della cultura della mediazione e dei programmi di giustizia riparativa come il progetto “Dallo scontro … all’incontro” fatto con l’IPM di Catanzaro e “Le-g-almente giovani” che mirava alla prevenzione alla devianza e sensibilizzazione alla mediazione alla cultura della legalità e alla cittadinanza attiva. E ancora, negli anni, abbiamo curato e organizzato seminari di sensibilizzazione sui programmi di giustizia riparativa ai quali hanno preso parte detenuti e operatori della giustizia minorile ed adulti e dei servizi del territorio e abbiamo lavorato con i giovani a rischio in diversi istituti scolastici, oltre a curare percorsi a favore di donne immigrate in collaborazione con l’associazione Multicolore da sempre impegnata nel sostegno agli immigrati sul territorio di Catanzaro.

Quali, secondo voi, gli obiettivi che questo progetto può e deve raggiungere?

Rendere i ragazzi dell’area penale più consapevoli, informati e supportati nel percorso di reinserimento sociale/scolastico e lavorativo. Creare un legame , un dialogo, una rete tra il mondo aldilà delle sbarre e quello fuori , con momenti efficaci per un serio e profondo processo di integrazione. E, non ultimo, sensibilizzare la comunità al cambiamento e all’accoglienza affinchè questi ragazzi possano davvero avere occasioni di reinserimento una volta scontata la loro pena.

Infine una domanda sul futuro: di cosa c’è bisogno, dal vostro punto di vista, per rendere più semplice il cammino dei giovani catanzaresi spesso costretti ad abbandonare gli studi e/o in difficoltà rispetto alla propria affermazione professionale? Sicuramente aumentare i percorsi di orientamento allo studio ed al lavoro che tengano conto dei veri talenti dei giovani e che puntino ad un concreto innalzamento delle loro competenze. Avviare una rivoluzione culturale che innalzando le coscienza civiche sopprima la subcultura del pregiudizio invalidante per molti ragazzi sia dell’area penale che liberi.

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Le nostre “Attività di sensibilizzazione e di promozione di interventi di giustizia riparativa nei confronti di gruppi di utenza”

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  • di Autore
  • 13 aprile 2019

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